Marco Carlomagno e la sfida dell'AI: "Prima ripensare il processo, poi applicare la tecnologia". Un'intervista che parla alla PA e interroga le imprese. Podcast Por  arte de portada

Marco Carlomagno e la sfida dell'AI: "Prima ripensare il processo, poi applicare la tecnologia". Un'intervista che parla alla PA e interroga le imprese.

Marco Carlomagno e la sfida dell'AI: "Prima ripensare il processo, poi applicare la tecnologia". Un'intervista che parla alla PA e interroga le imprese.

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Cosa succede quando a parlare di Intelligenza Artificiale non è un guru della Silicon Valley, ma un uomo che vive ogni giorno le complessità, le carenze e il potenziale inespresso del lavoro pubblico italiano? L'intervista con Marco Carlomagno, Segretario Generale della FLP, non è un'analisi accademica sulla Pubblica Amministrazione. È un viaggio lucido, a tratti spietato, nel cuore della trasformazione digitale, che usa la PA come un potente specchio per riflettere le trappole, le illusioni e le straordinarie opportunità che oggi ogni singola impresa si trova ad affrontare.La sua prospettiva, maturata sul campo, scardina la narrazione tecno-ottimista e ci costringe a guardare la realtà. E la realtà, che siate un dirigente pubblico o un amministratore delegato, è che l'AI non è una bacchetta magica. Anzi, può diventare un pericoloso acceleratore di problemi esistenti.Il primo, grande avvertimento che emerge dal dialogo con Carlomagno è un demone che lui chiama "burocrazia artificiale". L'idea è tanto semplice quanto terrificante: usare la tecnologia più avanzata non per trasformare, ma per automatizzare l'inefficienza. Il suo monito, "prima ripensare il processo, poi applicare l'AI", dovrebbe essere scolpito all'ingresso di ogni azienda. Quanti, ossessionati dalla fretta di "implementare l'AI", stanno in realtà solo rendendo più veloci i propri flussi di lavoro obsoleti? La critica di Carlomagno alla "cultura dell'adempimento" della PA è un campanello d'allarme per il settore privato: stiamo costruendo organizzazioni agili o stiamo solo digitalizzando le nostre vecchie, rigide abitudini?La seconda riflessione strategica che l'intervista mette sul tavolo riguarda la dipendenza tecnologica. Carlomagno parla della necessità di una "sovranità digitale" per lo Stato, un tema che può sembrare distante dal mondo aziendale. Ma proviamo a tradurlo. Quante imprese stanno affidando il loro intero "cervello" operativo a un unico, potentissimo fornitore esterno? Il rischio di "vendor lock-in", ci suggerisce la sua analisi, non è una questione tecnica, ma una scelta strategica che riguarda la sopravvivenza. La PA, con la sua storia di esternalizzazioni costose e dispersive, ci offre una lezione fondamentale sulla necessità di mantenere il controllo del proprio know-how e di non sacrificare l'autonomia a lungo termine per la convenienza a breve termine.Ma è sul capitale umano che la visione di Carlomagno diventa un manifesto per qualsiasi leader d'impresa. Al di là del divario di competenze tecniche, egli mette in guardia dal "vuoto di senso": il rischio che i nostri team smettano di pensare criticamente, delegando il ragionamento agli algoritmi e atrofizzando così la loro "intelligenza naturale". Il suo appello a una formazione che non sia un "momento di distoglimento dal lavoro" ma parte integrante di esso, e a una leadership che promuova fiducia e responsabilità anziché controllo, è il vero cuore della questione. L'AI, ci fa capire, non sostituisce le persone, ma ne eleva il ruolo: le libera dai compiti ripetitivi per concentrarle dove nessun algoritmo può arrivare: la creatività, l'empatia, la strategia, la comprensione del contesto.Un mio saggio e immaginario antenato, mercante di cavalli, mi direbbe: "Non dare mai il destriero più veloce a un cavaliere che non conosce la strada. Arriverà prima, sì, ma nel posto sbagliato".L'intervista a Marco Carlomagno ci lascia con questa verità: prima di chiederci cosa può fare l'AI per noi, dobbiamo sapere chi siamo e dove vogliamo andare.
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