Ep. 77: Guido Catalano - Dal palco alla pagina, trent'anni di poesia vissuta Podcast Por  arte de portada

Ep. 77: Guido Catalano - Dal palco alla pagina, trent'anni di poesia vissuta

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Guido Catalano, 54 anni, poeta torinese in attesa del primo figlio, ha trasformato le difficoltà personali in una professione unica: il "poeta professionista vivente". Trent'anni di carriera che partono dalla musica con il gruppo "Pikkia Froyd" e arrivano ai grandi palchi del Colosseo e dell'Alcatraz milanese."In realtà prima volevo fare il cantante", racconta Catalano. "Io scrivevo i testi e cantavo male, ma scrivevo dei testi divertenti". Quando il gruppo si sciolse, quella passione per il palco rimase: "Mi piaceva questa cosa di stare su un palco e raccontare delle storie". Il passaggio alla poesia fu naturale: "La poesia è autonoma, non dovrebbe avere bisogno della musica".Iniziò nei locali torinesi di fine anni Novanta, partendo dal Caffè Liber. "Andavo dal gestore e c'era un reading di poesia, lui mi guardava male", ma gli eventi funzionavano. Il primo libro, "I cani hanno sempre ragione" (2000), partì con 300 copie. Il titolo stesso illustra la sua poetica: "I titoli li prendo spesso così, cioè li sento, arrivano", nato da una frase casuale di un'amica.La sua poesia si caratterizza per un verso "liberissimo, con una chiave ironica, alle volte comica". Ma precisa: "questa cosa qua non l'ho concepita a tavolino, è venuto naturale". L'origine è terapeutica: "ho iniziato a scrivere poesia per una sorta di autopsicanalisi". Le difficoltà relazionali giovanili divennero materiale poetico: "La difficoltà base era che non trovavo una fidanzata e ero in grave difficoltà con il rapporto con l'altro sesso".Questa sincerità non fu sempre apprezzata. "Per molti anni sono stato bistrattato dai miei colleghi che mi considerano più un cabarettista". Ma rivendica la scelta: "ho scritto una poesia che si chiama Vado a capo a cazzo, per dire, ragazzi, lo ammetto, ma ho bisogno di questa cosa".Nel tempo la sua scrittura è evoluta. Se prima scriveva "una poesia in tre minuti", oggi può impiegare "quattro o cinque giorni". Il processo creativo rimane misterioso: immagina "una specie di portale" che si apre imprevedibilmente. "Succede quando mi succedono cose, cose belle ma spesso anche brutte, lutti".Internet ha rivoluzionato la sua comunicazione. "Il grande passo è stato il blog" nel 2004-2005. "Mi sono detto che scrivo una poesia sul mio blog e potenzialmente il Papa può leggerla". I social hanno amplificato questa possibilità, anche se oggi "mi diverto meno" per i costi promozionali e il clima conflittuale.Curiosamente usa ancora un Nokia 3310: "Sono pigro e non ho voglia di passare allo smartphone", anche se ammette che presto dovrà cedere per praticità.La carriera live è stata fondamentale. Ha fatto "230-240 spettacoli all'anno, tutto da solo", viaggiando in treno con un trolley di libri. "È stata una gavetta incredibile", contrapposta agli artisti attuali che "partono da 0 a 100 in pochissimi secondi".Bukowski è stato un maestro: "mi ha fatto capire che esiste una poesia diversa". Recentemente ha creato "Catalano versus Bukowski", riscoprendo l'aspetto comico del poeta americano.In attesa del figlio, riflette sui rischi creativi. La sua agente lo avverte: "stai attento" nel scrivere sulla paternità. Il pericolo è la banalità: "cadere nella banalità scrivendo d'amore è facilissimo".Per ora legge libri di puericultura, "non per diventare esperto ma perché mi fa star bene". E conclude con il suo umorismo: "diventerò un grandissimo puericultore e scriverò libri su questo, poi diventerò ricco". L'autoironia, marchio di trent'anni di carriera, resiste anche alla trasformazione più grande della sua vita.

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