• 0207 Pensare alla morte per amare la vita

  • Dec 28 2024
  • Length: 14 mins
  • Podcast

0207 Pensare alla morte per amare la vita

  • Summary

  • Uno degli atti dei samurai giapponesi più noto ai “non addetti ai lavori” è il “seppuku”, il suicidio per protesta, per colpa o per non cadere nelle mani del nemico, compiuto tagliandosi il ventre (hara-kiri). Ai più l’atto può sembrare cruento e spietato, e spesso ci si chiede come potessero questi uomini, per quanto coraggiosi ed abituati a guardare la morte in faccia in quasi ogni giorno della propria vita, affrontare con calma e distacco una fine così drammatica e dolorosa, una riflessione diventata ancora più attuale dopo un periodo come quello in cui la pandemia da Covid-19 ha instillato in molti di noi – a torto o a ragione – la paura di una morte prematura e dolorosa.

    Per quanto possa sembrare strano, il suicidio non è patrimonio esclusivo di questi famosi guerrieri giapponesi, e anche in Occidente l'elenco di artisti e intellettuali che hanno scelto di togliersi la vita è lunghissimo, da Ian Curtis dei Joy Division a Curt Cobain dei Nirvana passando per Keith Emerson degli ELP per quanto riguarda la musica; Primo Levi e Vladimir Majakovskij per la letteratura: Vincent Van Gogh o Giuseppe Pellizza da Volpedo per la pittura finendo ad attori come Marilyn Monroe o Robin Williams.

    Occorre però dire che nella maggior parte di questi casi il suicidio è un gesto estremo per sottrarsi ad una situazione considerata insostenibile: una malattia incurabile, un tracollo finanziario, la morte della persona amata, un insuccesso professionale, motivazioni affatto diverse da quelle che portavano i samurai a togliersi la vita, come per protestare contro una decisione reputata ingiusta, per espiare una condanna, per non cadere in mani nemiche dopo una sconfitta militare o per testimoniare il proprio coraggio.

    Altra differenza fondamentale è che mentre spesso il suicidio è un atto di impulso, nel caso dei samurai questo era regolamentato rigidamente e doveva essere compiuto seguendo una procedura codificata che non ammetteva deroghe ed a cui ci si preparava - è il caso di dire - per tutta la vita.

    Questo atteggiamento, che ai più potrebbe sembrare l'apice del pessimismo, era invece una spinta formidabile a godere di ogni momento vissuto, alla stessa maniera di quanto ci ricorda il motto latino "carpe diem", tratto dalle dalle Odi del poeta latino Orazio in cui leggiamo l'invito a cogliere l'attimo, sperando il meno possibile nel domani. Tanto in Occidente quanto in Oriente quindi, la consapevolezza che la vita può finire da un momento all'altro dovrebbe portarci ad apprezzare il momento presente.

    E così, se da una parte possiamo citare l'aria di "E lucevan le stelle" della Tosca, in cui il pittore Mario Cavaradossi si dispera per la fine imminente cantando "e muoio disperato! E non ho amato mai tanto la vita!" dall'altra concludiamo questa riflessione sottolineando quanto sia importante cominciare la giornata nel modo giusto con un estratto dal “Bushido Shoshin Shu” (letture elementari sul Bushido) pubblicato nel 17° secolo all’inizio dello Shogunato dei Tukugawa a cura di Taira Shigesuke, conosciuto anche come Daidoji Yuzan, un samurai erudito allievo di Yamaga Soko.

    Buon ascolto, e buona riflessione…
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