Percorrendo la Via del Guerriero Podcast Por Carlo Caprino arte de portada

Percorrendo la Via del Guerriero

Percorrendo la Via del Guerriero

De: Carlo Caprino
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Pensieri, riflessioni, citazioni, commenti ed aneddoti ispirati alla antica sapienza orientale ed occidentale per affrontare al meglio le sfide quotidiane.Copyright Caprino Carlo Actividad Física, Dietas y Nutrición Ciencias Sociales Ejercicio y Actividad Física Espiritualidad Hygiene & Healthy Living
Episodios
  • Furinkazan: come un motto dei samurai giapponesi può guidarci in un percorso di crescita personale
    May 24 2025
    Il clan Takeda è stato uno dei più famosi della storia militare giapponese, tanto da essere ancora oggi ricordato ed essere uno di quelli più famosi anche al di fuori della ristretta cerchia dei conoscitori della storia militare nipponica.

    Uno degli rappresentanti più famosi, appunto, di questo clan fu Takeda Shingen, il Daimyo, cioè il signore feudale che comandò questo clan nel periodo Sengoku. Fu un grande militare, uno dei più esperti econosciuti non solo di quel periodo, ma di tutta la storia nipponica, tanto che una sua parte di vita, principalmente la parte finale, quella che poi lo vide ucciso da un soldato nemico durante un assedio, è stata anche ripresa e romanzata nel film Kagemusha - L'ombra del guerriero di Akira Kurosawa.

    Perché vi parlo del clan Takeda e in particolare di Takeda Shingen? Perché lo stendardo da guerra che usavano i suoi soldati è ancora oggi conosciuto. Il testo riportato sullo stendardo è una citazione del settimo capitolo dell'Arte della Guerra" di Sun Tzu che possiamo riportare così:

    "Quando ti muovi devi essere rapido come il vento, maestoso, silenzioso, calmo, tranquillo come la foresta, avido, distruttore, spietato come il fuoco e fermo e incrollabile come la montagna."

    Ma a questo punto ci possiamo chiedere: che cosa ci può insegnare oggi questo motto? Perché lo citiamo per il guerriero che vorremmo essere noi, che mira a un percorso di crescita personale? Perché il Fūrinkazan può essere un motto da tenere a mente?

    Un mio caro amico, Roberto, praticante di arti marziali e formatore anche soprattutto nell'ambito di ragazzi adolescenti e preadolescenti, ha in maniera molto interessante collegato questi quattro caratteri alle quattro virtù cardinali, che sono, come sappiamo, la prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza.
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    27 m
  • Il coraggio di essere umili
    Apr 17 2025
    Essere umili non significa sminuirsi, ma avere il coraggio di abitare la propria verità. In un mondo che spesso esalta l’apparenza, la competizione e il successo, scegliere la via dell’umiltà è un atto rivoluzionario. È il coraggio di stare con i piedi per terra – e non è solo un modo di dire.

    Etimologicamente, *umiltà* deriva dal latino *humus*, che significa “terra”. L’umile è dunque colui che sta “a terra”, che riconosce la propria condizione umana, fragile, limitata, ma anche profondamente vera e fertile. La terra, infatti, è il luogo in cui tutto nasce, cresce e si trasforma.
    Nel Vangelo di Marco, Gesù mostra più volte questa via dell’umiltà come forza interiore, non come debolezza. Nel capitolo 9, versetto 35, dice ai suoi discepoli: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».

    Qui si manifesta l’insegnamento centrale del Maestro: la grandezza non si misura con il potere, ma con la capacità di mettersi al servizio. Gesù stesso, nel momento più alto del Vangelo – la Croce – non esercita potere, ma si consegna con amore. È in quell’abbassamento radicale che si manifesta la sua forza divina. La sua umiltà non è fuga dal mondo, ma immersione nella carne dell’umanità.

    Chi è umile, nel senso più autentico, ha il coraggio di riconoscere di non essere il centro del mondo, di non avere tutto sotto controllo, di non sapere tutto. Ma proprio in questa “terra” – che può sembrare polvere o cenere – fiorisce una forza che non viene dall’ego, ma da una sorgente più profonda. L’umile sa ascoltare, accogliere, imparare. E questa è una forma di coraggio raro: non difendersi dietro la maschera della perfezione, ma vivere con verità.

    Nel cammino spirituale, l’umiltà non è il punto di partenza da superare, ma la soglia su cui si ritorna sempre, ogni volta che si cade e ci si rialza. È la terra in cui la grazia può mettere radici.
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  • L'insegnamento dei cavalieri templari
    Mar 19 2025
    Il primo dei grandi ordini cavallereschi fondati in funzione delle crociate, e sostanzialmente l'unico giunto sino ai giorni nostri conservando le sue prerogative è quello degli ospitalieri di San Giovanni, più noto oggi come “Sovrano Militare Ordine di Malta”.

    Come i mantelli dei Templari erano bianchi quelli degli Ospitalieri sono neri; diverso il colore ma uguale l'effetto: gli arabi, dopo averne conosciuto il valore in battaglia, chiameranno gli uni “diavoli bianchi” e gli altri “uomini neri”.

    La fama dei cavalieri crociati assume proporzioni leggendarie, tanto che anche il Saladino, avversario generoso e leale che solitamente graziava i cristiani catturati sul campo, non esitava a dare la morte a Templari e Ospitalieri, come ad esempio avvenne nel 1187 dopo la disastrosa sconfitta di Hattin, quando oltre duecento cavalieri furono atrocemente trucidati.

    Tanti sono gli episodi in cui il valore dei cavalieri ebbe modo di esprimersi e, come detto, non è scopo di queste righe una rigorosa analisi storica, ci basta allora ricordare qualche esempio per tutti, a partire dalla disperata resistenza di Acri, dove poche centinaia di Ospitalieri, Templari e Teutonici fecero fronte per oltre un mese a centosessantamila saraceni per consentire anche all'ultimo civile cristiano di mettersi in salvo abbandonando la città. Nessuno dei difensori di Acri cadde in mano nemica: feriti, stremati e ridotti a poche decine si rifugiarono per l'ultima, disperata resistenza su un unica torre che, sotto l'assalto degli attaccanti, crollò seppellendo mori e cristiani.

    Passarono gli anni e l'Ordine rinacque a Rodi, dove viene scritta col sangue un'altra pagina di storia: nel 1522 Solimano II attacca l'isola con settecento navi e duecentomila uomini preceduti da minatori e genieri. La difesa dell'isola è affidata a trecento cavalieri ed a qualche migliaio di civili e dura sei mesi finché la popolazione dell'isola, stremata, implora il gran Maestro Villiers de l'Isle-Adam di chiedere la pace, concessa dal sultano arabo insieme all'onore delle armi di fronte al valore dimostrato.

    La macchina da guerra costituita dagli appartenenti all’ordine cavalleresco era temprata con una disciplina disumana e con una spietata fermezza. Prova ne è, ad esempio, il seguente passaggio tratto dalla cerimonia di investitura di un nuovo cavaliere, a cui l’officiante - dopo che il Capitolo aveva verificato ed approvato la intenzione del postulante - si rivolgeva chiedendo:

    Fratello, voi chiedete molto, poiché del nostro amato Ordine, come di una quercia non vedete che la parte esterna, la corteccia. La corteccia che voi riuscite a vedere sono i nostri cavalli, le nostre armature, i nostri mantelli e i nostri pasti, e perciò credete che tutto ciò sia bello e che starete bene. Ma voi non immaginate nemmeno sotto la corteccia di quest'albero quali durissime regole vigono all'interno del nostro amato Ordine, voi che siete un signore dovrete far da servo agli altri, perché d'ora in avanti non potrete più fare i vostri comodi: se vorrete dormire sarete svegliato, se vorrete mangiare vi dovrete alzare e sarete comandato altrove, se vorrete essere sveglio vi si comanderà di dormire, se volete digiunare vi sarà comandato di mangiare, se vorrete andare in terra di Acri vi si manderà ad Antiochia, se vorrete rientrare a Sion sarete inviato in Francia o in Inghilterra, se vorrete andare da una parte vi si manderà da quella opposta e voi non potrete domandarne il perché, tutte le dure parole di rimprovero che avrete dovrete sopportarle in nome di Dio. Se così volete, alzatevi a fate un passo avanti.

    Nei cavalieri cristiani il singolo rinuncia alla sua individualità per abbracciare quelle del gruppo a cui decide di appartenere, situazione assai simile a quella dei samurai giapponesi che videro nella battaglia di nagashino la fine della loro storia e l’inizio della leggenda.
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    14 m
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