Episodes

  • Scuola siciliana primo fiore poetico unitario
    Jan 12 2025
    ep. 69 st. 1
    Viene proposta in questa puntata una riflessione sul valroe della Scuola Siciliana. Si fa riferimento a due brani interessanti:
    1. La posizione di Dante Alighieri sulla Scuola Siciliana, tratta dal De Vulgari Eloquentiae;
    2. Alcuni passi scelti tratti dal saggio di R. Antonelli dal titolo Introduzione a Giacomo da Lentini, contenutoin I poeti della Scuola Siciliana, vol I, Mondadori, I Meridiani, Milano 2008.
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    9 mins
  • Rosa fresca aulentissima (Cielo d'Alcamo)
    Jan 5 2025
    ep. 68 st. 1
    Michele da Alcamo è un autore riconducibile alla Scuola Siciliana di cui sappiamo molto poco. Si ipotizza perfino che fosse un giullare; certo è che non era privo di cultura. Conosceva così bene le forma della poesia provenzale al punto da riuscire a farne una parodia.
    Rosa fresca aulentissima è un contrasto, cioè la messa in scena di un dissidio verbale fra due parti; nel caso specifico, tra il poeta e una dama che egli vuole convincere a giacere con lui...
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    12 mins
  • Pir meu cori alligrari (S. Protonotaro)
    Dec 15 2024
    ep. 67 st. 1
    Tra le opere più celebri di Stefano Protonotaro vi è il componimento "Pir meu cori alligrari", che ha il pregio di essere giunto fino a noi in siciliano originale; è sopravvissuto infatti alla toscanizzazione; i copisti toscani tradussero infatti i testi adattandoli al loro dialetto.
    Protonotaro è quindi particolarmente importante per comprendere il volgare siciliano del XIII secolo.
    In "Pir meu cori alligrari", Protonotaro esplora temi tipici della poesia cortese, come l'amore idealizzato e la bellezza della donna amata, con un linguaggio elegante e melodico.

    Canzone di 5 strofe di 12 versi, endecasillabi e settenari.

    Pir meu cori allegrari,
    chi multu longiamenti
    senza alligranza e joi d'amuri è statu,
    mi ritornu in cantari,
    ca forsi levimenti
    da dimuranza turniria in usatu
    di lu troppu taciri;
    e quandu l'omu à rasuni di diri,
    ben di' cantari e mustrari alligranza,
    ca senza dimustranza
    joi siria sempri di pocu valuri;
    dunca ben di' cantari onni amaduri.

    E si per ben amari
    cantau juiusamenti
    homo chi avissi in alcun tempu amatu,
    ben lu diviria fari
    plui dilittusamenti
    eu, chi su di tal donna inamuratu,
    dundi è dulci placiri,
    preiu e valenza e juiusu pariri
    e di billizi cuta[n]t' abondanza,
    chi illu m'è pir simblanza
    quandu eu la guardu, sintir la dulzuri
    chi fa la tigra in illu miraturi;

    chi si vidi livari
    multu crudilimenti
    sua nuritura, chi illa à nutricatu,
    e si bonu li pari
    mirarsi dulcimenti
    dintru unu speclu chi li esti amustratu,
    chi l'ublia siguiri.
    Cusì m'è dulci mia donna vidiri:
    chi 'n lei guardandu met[t]u in ublianza
    tutta'altra mia intindanza,
    sì chi instanti mi feri sou amuri
    d'un culpu chi inavanza tutisuri.

    Di chi eu putia sanar;
    multu legeramenti,
    sulu chi fussi a la mia donna a gratu
    meu sirviri e pinari
    m'eu duitu fortimenti
    chi quandu si rimembra di sou statu
    nu lli dia displaciri.
    Ma si quistu putissi adiviniri,
    ch'Amori la ferissi de la lanza
    chi mi fer' e mi lanza,
    ben crederia guarir de mei doluri,
    ca sintiramu equalimenti arduri.

    Purriami laudari
    d'Amori bonamenti,
    com'omu da lui beni ammiritatu;
    ma beni è da blasmari
    Amur virasementi,
    quandu illu dà favur da l'unu latu,
    chi si l'amanti nun sa suffiriri,
    disia d'amari e perdi sua speranza.
    Ma eu suf[f]ru in usanza,
    chi ò vistu adessa bon sufrituri
    vinciri prova et aquistari hunuri.

    E si pir suffiriri,
    ni per amar lialmenti e timiri,
    homo aquistau d'Amur gran beninanza,
    digu avir confurtanza
    eu, chi amu e timu e servi[i] a tutt'uri
    cilatamenti plu chi altru amaduri.
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    12 mins
  • Io m'aggio posto in core a Dio servire (G. da Lentini)
    Dec 8 2024
    Questo è un sonetto particolare perché il poeta unisce, in un unico tratto ideologico, due tradizioni, quella provenzale dell'omaggio alla donna e quella religiosa del servizio di Dio.

    Io m’ag[g]io posto in core a Dio servire,
    com’io potesse gire in paradiso,
    al santo loco, c’ag[g]io audito dire,
    o’ si mantien sollazo, gioco e riso.

    Sanza mia donna non vi voria gire,
    quella c’à blonda testa e claro viso,
    che sanza lei non poteria gaudere,
    estando da la mia donna diviso.

    Ma non lo dico a tale intendimento,
    perch’io pecato ci volesse fare;
    se non veder lo suo bel portamento,

    e lo bel viso e ’l morbido sguardare:
    che·l mi teria in gran consolamento,
    veggendo la mia donna in ghiora stare.
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    8 mins
  • Amor è uno desio che ven da core (G. da Lentini)
    Nov 24 2024
    Il sonetto fa parte di una tenzone poetica con Pier delle Vigne e Jacopo Mostacci sulla natura dell'amore... Giacomo da Lentini si oppone ad un amore mentale e distante, come quello dell'amor de lonh proposto dai trobadorici. Il vero amore, per generarsi, ha bisogno di una sollecitazione concreta: la vista della dama in tutta la sua bellezza.

    Amore è uno desi[o] che ven da’ core
    per abondanza di gran piacimento;
    e li occhi in prima genera[n] l’amore
    e lo core li dà nutricamento.

    Ben è alcuna fiata om amatore
    senza vedere so ’namoramento,
    ma quell’amor che stringe con furore
    da la vista de li occhi ha nas[ci]mento:

    ché li occhi rapresenta[n] a lo core
    d’onni cosa che veden bono e rio
    com’è formata natural[e]mente;

    e lo cor, che di zo è concepitore,
    imagina, e [li] piace quel desio:
    e questo amore regna fra la gente.
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    7 mins
  • Meravigliosamente (G. da Lentini)
    Nov 17 2024
    Commento al testo più popolare di Jacopo Notaro.

    Meravigliosamente
    un amor mi distringe
    e mi tene ad ogn’ora.
    Com’om che pone mente
    in altro exemplo pinge
    la simile pintura,
    così, bella, facc’eo,
    che ’nfra lo core meo
    porto la tua figura.

    In cor par ch’eo vi porti,
    pinta como parete,
    e non pare di fore.
    O deo, co’ mi par forte.
    Non so se lo sapete,
    con’ v’amo di bon core:
    ch’eo son sì vergognoso
    ca pur vi guardo ascoso
    e non vi mostro amore.

    Avendo gran disio,
    dipinsi una pintura,
    bella, voi simigliante,
    e quando voi non vio,
    guardo ’n quella figura,
    e par ch’eo v’aggia avante:
    come quello che crede
    salvarsi per sua fede,
    ancor non veggia inante.

    Al cor m’arde una doglia,
    com’om che ten lo foco
    a lo suo seno ascoso,
    e quando più lo ’nvoglia
    allora arde più loco
    e non pò stare incluso:
    similemente eo ardo
    quando pass’e non guardo
    a voi, vis’amoroso.

    S’eo guardo, quando passo,
    inver’ voi, no mi giro,
    bella, per risguardare.
    Andando, ad ogni passo
    getto uno gran sospiro
    che facemi ancosciare;
    e certo bene ancoscio,
    c’a pena mi conoscio,
    tanto bella mi pare.

    Assai v’aggio laudato,
    madonna, in tutte le parti
    di bellezze ch’avete.
    Non so se v’è contato
    ch’eo lo faccia per arti,
    che voi pur v’ascondete.
    Sacciatelo per singa,
    zo ch’eo no dico a linga,
    quando voi mi vedrite.

    Canzonetta novella,
    va’ canta nova cosa;
    lèvati da maitino
    davanti a la più bella,
    fiore d’ogni amorosa,
    bionda più c’auro fino:
    «Lo vostro amor, ch’è caro,
    donatelo al Notaro
    ch’è nato da Lentino.»
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    12 mins
  • Giacomo da Lentini
    Nov 10 2024
    Giacomo da Lentini, noto anche come Jacopo Notaro, è una figura centrale della Scuola Siciliana, un movimento letterario del XIII secolo che ha gettato le basi della poesia lirica italiana. Operando sotto la corte di Federico II di Svevia, Giacomo ha contribuito in modo significativo allo sviluppo del sonetto, una forma poetica che avrebbe avuto un impatto duraturo sulla letteratura europea. I suoi versi, spesso caratterizzati da un raffinato uso del volgare siciliano, esplorano temi di amore cortese con una sensibilità che unisce l'eredità trobadorica alla nascente cultura italiana. La sua maestria nel bilanciare innovazione formale e profondità emotiva ha reso la sua poesia un modello per i successivi poeti italiani, tra cui Dante Alighieri e Petrarca. Giacomo da Lentini viene celebrato non solo come un abile artigiano del verso, ma anche come un pioniere che ha contribuito a elevare il volgare come lingua letteraria di prestigio.

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    7 mins
  • La lingua e i poeti della Scuola siciliana
    Nov 3 2024
    Quello dei poeti della Magna Curia è un volgare illustre ed è interregionale. Un primo strato linguistico, di base, è costituito dal volgare siciliano, ma su di esso agiscono e si sedimentano gli influssi e i contributi di altre lingue: il latino, il provenzale e i dialetti italiani che i giuristi portano con sé per i più svariati motivi [...]
    Spiegazione della toscanizzazione della lingua della Scuola siciliana ed elenco dei poeti degni di nota.
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    11 mins