• Respirare, l'importanza di appropriarsi del ritmo giusto
    Oct 19 2024
    La respirazione è una funzione molto particolare dell'organismo umano, e per certi aspetti ha caratteristiche uniche rispetto a quelle altrettanto indispensabili alla sopravvivenza, quali alimentarsi, bere o dormire.
    La respirazione è infatti una funzione che avviene anche in condizioni di sonno, inoscenza e addirittura coma, ma è allo stesso tempo un atto per possiamo effettuare variandone intensità, profondità e ritmo.
    Per tutti questi motivi, una corretta respirazione è sempre stata considerata di grande importanza tanto nelle Arti marziali che in molte pratiche legate alla spiritualità, tanto in Oriente che in Occidente.
    A questo proposito, riportiamo di seguito la citazione di uno scritto di Omraam Mikhaël Aïvanhov, uno dei più importanti mistici occidentali del secolo scorso.

    Da millenni, gli Iniziati hanno studiato il processo della respirazione e hanno compreso la sua importanza non solo per la vitalità ma anche per il funzionamento del pensiero. Essendo andati molto in là nelle proprie ricerche, hanno scoperto che tutti i ritmi del nostro organismo sono in relazione con i ritmi cosmici e che, per poter comunicare con una determinata entità o con una determinata regione del mondo spirituale, è necessario trovare un certo ritmo e appropriarsi di quel ritmo come di una chiave, così come si fa quando si cerca di captare una trasmissione radio: occorre trovare una determinata lunghezza d'onda. La lunghezza d'onda è un fattore molto importante per entrare in comunicazione con questa o quella stazione emittente. E lo stesso vale per la respirazione: per entrare in contatto con questa o quella regione dell'universo, occorre sapere su quale ritmo respirare.
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    9 mins
  • 0201 presentazione della seconda stagione
    Oct 19 2024
    Una breve presentazione della seconda stagione del podcast, che vedrà, come è naturale, alcune conferme e diverse novità rispetto alla stagione precedente.
    Buon ascolto!
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    4 mins
  • Il valore del dissenso nel “Trattato del Ribelle” di Ernst Jünger
    Mar 19 2023
    Nella premessa del suo “L’Anticristo”, Friedrich Nietzsche afferma che c’è chi nasce già destinato ad essere compreso solo dai posteri.
    Questo è vero per molti artisti, e non solo per il filosofo tedesco; da van Gogh a Ligabue, passando per John Keats, Franz Kafka ed Emily Dickinson, ma anche Edgar Allan Poe o Johann Sebastian Bach sono solo alcuni esempi. Altri ancora, pur essendo stati apprezzati in vita, furono autori di opere che anche a distanza di anni mostrano una straordinaria attualità, a volte ai limiti della preveggenza.
    Tra questi possiamo includere anche Ernst Jünger, personaggio controverso e criticato per le sue idee politiche, ma che pure ha offerto della guerra una analisi lucida e tagliente. Una delle sue opere più note è il “Trattato del Ribelle”, un saggio sociopolitico del 1951 in cui l'autore si interroga sui compiti che spettano agli uomini liberi, nei momenti storici in cui la tirannia impedisce loro di esprimere, in modo democratico, le proprie giuste rivendicazioni.
    A partire dalla sua definizione di “Ribelle”, nelle prime pagine di questo libro è descritta una società che in molti non faticheranno a vedere rappresentata anche in molte situazioni attuali, una similitudine sorprendente ma che può e deve farci riflettere sui limiti e di tutta una serie di libertà – vere o presunte.
    Il “Trattato del Ribelle” fa parte di una serie di saggi con cui uno Jünger ormai quasi sessantennesi cimenta con le contraddizioni che stanno scoppiando nelle società occidentali, appena uscite dalla seconda guerra mondiale, che avrebbero dato origine – tra gli altri - ai totalitarismi comunisti a est della Germania Occidentale.
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    19 mins
  • 32 Nessun uomo è un'isola
    Mar 7 2023
    “Nessun uomo è un isola”, sosteneva un saggio, “bisogna contare solo sulle proprie forze”, diceva un altro… posizioni inconciliabili? No, a mio avviso; solo complementari.
    Nel percorrere una strada, il viandante trarrà profitto e giovamento dalle indicazioni di chi prima di lui l’ha percorsa, o dalla compagnia di chi lo affianca, ma saranno solo e solamente i suoi piedi a doverla percorrere, se vorrà davvero arrivare alla fine della meta, e non solo raccontare di averlo fatto, magari dopo aver sfogliato un album di viaggio compilato da altri.
    Ancora, più passa il tempo e più mi rendo conto che gli altri ci sono specchio ed eco, che ciò che diamo loro – nel bene e nel male – ci torna e ci viene mostrato.
    Non è una questione di buonismo “niùeigg”, ma di economia dell’Universo e di equilibrio razionale: ad ogni Azione corrisponde una Re-azione uguale e (o...) contraria.
    E infine, è confortante sapere che, da qualche parte c’è sempre un grumo di Coscienza che ti attende, che aspetta – come un seme – che maturino le condizioni per poter germogliare. Ci sono libri che hai li, sullo scaffale, da anni, che magari hai letto e ricordi appena, poi una sera li apri quasi svogliato senza neppure sapere bene perché, li leggi per tutta la notte e quando chiudi l’ultima pagina, sorridi e ti dici: “Era già tutto scritto, bastava solo leggere”.
    Ha ragione Petrus, il Cammino è per tutte le persone comuni, e sulla Via si procede se si vuole farlo.
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    3 mins
  • 31 Cosa ci insegna il giardino
    May 9 2022
    “Segui il tuo destino,
    bagna le tue piante,
    ama le tue rose.
    Il resto è ombra di alberi estranei.”
    (Fernando Pessoa)


    “Come è in alto, così è in basso”, recita un antico detto sapienziale. Io non ho la conoscenza e l’esperienza necessaria per abbeverarmi a queste fonti di saggezza, e così mi limito ad osservare il mondo intorno a me, ad analizzare la Natura ed a cercare di comprendere le sue leggi.

    Non sono certamente originale in questa scelta, da secoli monasteri e conventi – tanto ad Oriente quanto ad Occidente – sono affiancati da orti e giardini, a volte ricchi di fontane zampillanti e lussureggiante vegetazione, come nella Alhambra di Granada. altre volte creati solo da ghiaia grigia e scabre rocce, come nel caso dei karesansui giapponesi.

    Mi piace coltivare il mio piccolissimo giardino, fatto di vasi e fioriere disposti in bell’ordine sul terrazzo, imparando dalla forza lenta del bonsai che rinasce ad ogni inverno, dall’esuberante papiro che svetta beffando il vento, dall’orchidea variopinta che mi ammalia con i suoi colori.
    Ognuno di loro, pur nella apparente differenza, si alimenta della luce del sole e della pioggia ristoratrice e si nutre tramite le radici infisse nel terreno.

    Senza rami e foglie le radici non potrebbero svolgere il loro compito, e viceversa.
    Così è una Scuola, un Ordine, una Fraternitas, un Dojo.
    Può esserci l’insegnante migliore del mondo, ma senza allievi volonterosi di imparare potrà fare poco o nulla, e con il passare del tempo perderà ardore e voglia di insegnare.
    Ci potranno essere invece allievi entusiasti e capaci, ma se avranno a che fare con un insegnante neghittoso potranno imparare poco e quasi certamente male.

    Ecco, il papiro, l’orchidea, il geranio mi sussurrano questo con lo stormire delle loro foglie, mi ricordano che ciascuno di noi sulla Via è radice per alcuni e foglie per altri, che il nostro fare (o non fare…) non riguarda solo noi, e che innaffiando troppo o troppo poco, prima o poi le conseguenze si rivelano.
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  • 30 Praticare una forma, o della importanza di non confondere mezzi e fini
    May 4 2022
    Nella pratica delle Arti – non solo marziali – spesso l’apprendimento passa dalla ripetizione costante di semplici gesti prima e di sequenze sempre più complesse dopo.

    Quello che agli occhi di uno spettatore inesperto può sembrare così lo scopo ultimo della pratica, ovvero memorizzare coreografie sempre più lunghe ed acrobatiche, eseguire ogni singolo gesto con una precisione quasi maniacale, cercare di riprodurre al meglio anche il più piccolo movimento mostratoci dai nostri Maestri, è in realtà solamente un mezzo per perseguire il vero obbiettivo della pratica.

    Ed individuare questo obbiettivo e decidere se e quanto sia vero per noi è parte integrante della pratica stessa, perché quando crediamo di aver capito tutto, quando ci illudiamo di non avere più nulla da imparare allora stiamo clamorosamente fallendo perché – quando lanciamo una palla verso il cielo – quando questa smette di salire, comincia inesorabilmente a cadere.
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    11 mins
  • 29 Perché pratichiamo quello che pratichiamo
    May 4 2022
    Come ricorda nel suo “Il Piccolo Principe” Antoine de Saint-Exupéry, “l’essenziale è invisibile agli occhi”, e così accade che spesso si creda che la pratica di una Arte, marziale o no che sia, serva solo ad affinare determinate tecniche per conseguire specifici obbiettivi.

    Questo è senz’altro vero – ovviamente – ma è la punta dell’iceberg, perché uno dei più grandi ammaestramenti che la pratica delle Arti ci fornisce è la capacità di confrontarci con noi stessi e la possibilità di conoscere meglio le mie emozioni, i miei pregiudizi, le mie presunzioni.

    E questo avviene anche affrontando una pratica apparentemente anacronistica come può essere il menare fendenti di spada, prodursi in affondi di bastone o applicare o subire leve articolari complicate e dolorose.

    Ciascuno avrà avuto i suoi motivi per cominciare la nostra pratica ed altri motivi per proseguire, quello che è importante è – a mio avviso – non smettere di farsi domande, non dare nulla per scontato, chiederci sempre – come consigliava Carlos Castaneda – se la Via che abbiamo scelto ha un Cuore.
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    12 mins
  • 28 La figura del Maestro, tra incomprensioni e falsi miti
    May 4 2022
    roppo spesso, intorno alla figura dell’insegnante di arti marziali o di discipline orientali si creano – in più o meno buona fede – una serie di incomprensioni e fraintendimenti.

    C’è chi – complici i film alla “Karate Kid” – vede nell’insegnante di arti marziali un Guru, un santone, un Maestro di vita in grado di risolvere ogni problema e di offrire una risposta per ogni difficoltà.

    Dall’altra parte c’è chi vede nell’insegnante di arti marziali una persona che svolge una missione, animato dal sacro fuoco della passione, lontano da ogni interesse economico personale, una figura che nell’immaginario collettivo fa il paio con il suo esatto contrario, un professionista che insegna arti marziali così come potrebbe vendere salumi o installare caldaie, un professionista che offre un servizio ad una clientela a fronte di un tornaconto economico.

    La verità come sempre sta nel mezzo, e nell’insegnante medio possiamo ritrovare le caratteristiche delle tre figure descritte sopra, ed anche altri aspetti.

    Proviamo a riflettere sulla questione, confrontando esperienze, pareri ed opinioni.
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    15 mins